Il suono, la musica
Leggo il breve racconto di Natty Patanè “la notte bianca e il domani”, pubblicato su Terpress lunedì 6 luglio. Mi ha attirato la notte bianca del titolo, pensando a Dostoevskij, alle notti bianche delle estati a nord i cui suoni ho proposto qui (RoundMidnight) qualche settimana fa.
Stralcio frammenti dal racconto, in ordine d'apparizione:
“la musica, il silenzio” alla prima riga e poi : “Lontano dal frastuono” come incipit, e ancora “ … la musica si spande e rimbalza … “, “ … la gente parla, beve, ride …”, “ … urla Greta inseguendolo ridendo, sempre più forte .. “, “ … attutendo una schitarrata che rotola giù dal palco ...”, “non può vedere e brinda in silenzio ...”, “Greta gli sta accanto e tace ...”, “Tacciono infreddoliti ...”, “Le sussurra ...”.
Un racconto può essere letto come una partitura.
Ho ripensato - leggendo (e ascoltando) questa partitura che scorre nel racconto - ad un breve dialogo di qualche giorno fa scaturito da una affermazione fatta ascoltando una installazione audio che usava suoni registrati dal vivo: voci, rumore di oggetti, voci di animali, risacca del mare, il vento, altri suoni dell'ambiente naturale e non. Fotografie (o film) acustiche come materiale per un racconto musicale.
“Questi sono suoni, non è musica”.
E' una affermazione consueta che mi spiace e mi stupisce sempre; non la capisco, è come sentissi dire: “Questi sono colori, non è pittura”.
Io non saprei definire quali suoni sono musica e quali no: con quale criterio? Dipende dai suoni? Dipende da come i suoni sono disposti? Dipende dalle intenzioni con cui i suoni sono usati? Dipende da chi ascolta? Dal luogo o da cosa vengono prodotti?
Io non lo so.
Lo chiedo a voi, grazie
Giuseppe Gavazza, 11 luglio 2009